STORIA E MEMORIA (a cura di Pier Paolo Poggio)

Mentre il laborioso progetto del Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia, intitolato ad Eugenio Battisti - principale ispiratore degli studi di archeologia industriale in Italia - sembra sul punto di concretizzarsi, Pier Paolo Poggio traccia una mappa del panorama dei musei del lavoro industriale in Italia, e del ritardo culturale con cui il nostro paese sta affrontando il problema della memoria del lavoro operaio.

I musei del lavoro industriale in Italia (maggio 2005)

 

Il tema dell'utilità della storia come strumento di conoscenza indispensabile (nonostante l'intenzionale inattualità con cui è trattata dalla cultura di massa) è al centro di un saggio sulla Valle Bormida. Se il taglio è quello della "geografia umana", il racconto ruota attorno alle vicende dell'Acna di Cengio e delle lotte che a metà degli anni ottanta hanno portato alla chiusura di una delle fabbriche più inquinanti d'Italia

Il peso della storia in Valle Bormida (maggio 2005)


LA SCUOLA DI ATLANTIDE (a cura di Carlo Tombola)

Proviamo a immaginare il futuro della scuola pubblica italiana alla luce dei due articoli di Maurizio Ferrera, pubblicati nell’inserto “Economia Finanza” del Corriere della Sera a poche settimane di distanza [Maurizio FERRERA, Brown e gli statali;  → Maurizio FERRERA, Marx in America]. L’autore si riferisce al sistema sociale inglese e a quello americano, considerati modelli di riferimento anche dai nostri politici (di “destra” e di “sinistra”) perché ampiamente dotati di elementi meritocratici, gli unici che sarebbero in grado di garantire maggiore efficienza e minori sprechi quando si tratta di amministrazione pubblica e pubblici dipendenti.

Che il ministro Siniscalco o il ministro Moratti sognino di essere negli Stati Uniti o in Gran Bretagna è probabilmente vero, così come lo è per la grandissima parte della nostra classe dirigente e, in fondo, per la maggior parte degli italiani. È ancor più vero che l’Italia non è né la GB né gli USA, e che quindi non ha senso parlare da noi di meritocrazia se non si destinano risorse aggiuntive alle retribuzioni dei meritevoli. In GB si propone di destinare 3.800-18.700 € agli insegnanti meritevoli. Da noi la tendenza sindacal-governativa (perché, come tutti gli insegnanti sanno, i sindacati sono i primi consulenti del ministero dell’Istruzione) è ad aumentare il carico del lavoro scolastico a parità o riduzione di fatto dei compensi.

Come sottolinea Ferrera, l’inserimento del merit pay è stata la via scelta dal New Labour per rispondere alla conflittualità del pubblico impiego di fronte alla politica di “modernizzazione”, ovvero di smantellamento del welfare e di espulsione dei dipendenti statali. Nella scuola italiana, e in particolare nella scuola superiore e nell’università, la conflittualità è a livelli così contenuti che ogni tensione potrà essere aggirata per via burocratica: si è cominciato con l’attribuire la competenza del personale scolastico alle regioni, e da qui si procederà per svuotare di risorse la scuola; le risorse in questo modo “risparmiate” saranno dedicate ad un merit pay all’italiana, fatto di commissioni miste enti locali-ministero-Confindustria-sindacati che – se va bene – riusciranno a “premiare” con 500 € all’anno 3 o 4 yes men tra le decine presenti in ogni istituto scolastico della penisola (tasso di crescita permettendo, si potrebbe constatare che bastano 100 € netti annui per assicurarsi la fedeltà cieca di altri 5 o 6 insegnanti: il “team della qualità”).

Considerato che l’Italia ha un tasso di “fluidità sociale” tra i più bassi d’Europa, e che persino negli USA – paese ove ancora regna la fede nelle capacità individuali come motore della mobilità sociale – la meritocrazia sembra inceppata, introdurre sistemi di incentivazione e di competizione nella scuola italiana serve solo per scongiurare una alquanto improbabile resistenza sindacale alle “riforme”. Quanto al senso di queste riforme, appare sempre più evidente che è quello di risparmiare risorse per destinarle ad altri impieghi. Bloccare il turnover e precarizzare gli insegnanti, potenziare il comparto “difesa e sicurezza” assumendo e pagando meglio militari, PS e CC: questo è già avvenuto, rimane da chiedersi quale paese sarà il nostro tra 5 o 10 anni....

ARTICOLI GIÀ PUBBLICATI

Il degrado del sistema scolastico italiano, di C. Tombola (aprile 2005)

Considerazioni P.P. Poggio sul testo di C. Tombola (aprile 2005)